3/2012 Europa

Alzi la mano chi annovera sul serio (e senza doverci pensare) l’essere europea come una caratteristica fondante della propria identità.
Io personalmente devo davvero ricordarmi, e sforzarmi molto, per immaginarmi in questa prospettiva, anche se ovviamente dal punto di vista della geografia so che sono una cittadina europea.
Ma dal saperlo a passare a dare a questa appartenenza un carattere definito ce ne vuole: e fare un numero di Marea proprio sull’Europa è stata decisamente una scommessa, una scommessa che origina però dall’intuizione che Europa fece, nel mito, la sua apparizione grazie al ratto (forse con stupro) da parte del dio degli dei, Zeus.
Da questo siamo partite per guardare, anche con questa visuale, all’Europa regione sociale, culturale e politica che allarga, non senza tratti fortemente problematici, la nostra visione di cittadine. Un numero non semplice, ma a noi è stato utile per iniziare a capire quando, e se, siamo capaci di modificare lo sguardo, sempre troppo puntato sulle tristi vicende nazionali.
“Se una cosa si può dire dell’Europa oggi – scrive nel suo pezzo Erminia Emprin Gilardini, che ha avuto l’idea di questo numero – è che essa è ben lontana dall’essere una e ancor più dall’essere politicamente stabile e stabilmente ancorata all’esperienza delle costituzioni democratico sociali e dei percorsi di emancipazione e libertà femminile che l’attraversano dalla seconda metà del ’900. Appare anzi sempre più lontana la prospettiva di costruire un’Europa Comune come progetto politico collettivo agito di una pluralità di donne e uomini consapevoli di essere attraversati dalla differenza sessuale e da diseguaglianze e discordanze anche profonde, in cui le eco non sopite di pulsioni persecutorie nei confronti dell’Altro del secolo scorso si mischiano e si confondono con quelle della contemporaneità”. Buona lettura.

 

 

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