N2/2021 LEGGI UN ARTICOLO

Le cinque meraviglie

di Monica Lanfranco

Li usiamo, ogni giorno e per tutta la vita, ma non è detto che ne siamo pienamente coscienti. 

Parlo dei nostri cinque sensi, che di fatto sono l’espressione materiale della funzionalità relazionale del nostro corpo. Li diamo per scontati, per la maggior parte del tempo, e ci rendiamo conto della loro importanza quando ne misuriamo, all’improvviso, l’indispensabilità se ci vengono a mancare. 

Un malanno improvviso, un incidente nel quale uno o più sensi viene leso: ecco che ci accorgiamo quanto i nostri sensi siamo noi, semplicemente ma inesorabilmente. Questa mancanza o anche solo la limitazione della nostra vita sensoriale è oggi raccontata da tutta l’umanità dopo l’avvento della pandemia del Covid19, e chissà che questa forzata amputazione possa insegnare che darli per scontati è perdere.  

Mi sono imbattuta molti anni fa in un libro che ritengo davvero fondamentale: si chiama, non a caso, Storia naturale dei sensi e a scriverlo è Diane Ackerman, ecclettica studiosa ecofemminista che negli ultimi trent’anni ha esplorato l’intreccio tra umanità, natura e sentimenti: dal suo bestsellers The Zookeeper’s Wife è stato prodotto il delicato e struggente film la signora dello zoo di Varsavia con Jessica Chastain, ma la straordinaria capacità di guardare alla natura in modo poetico e politico insieme la si percepisce scorrendo i titoli dei suoi molti testi presenti al sito, nel quale dice come ogni sua opera sia stata una avventura a tutto tondo, intellettualmente, emotivamente e fisicamente coinvolgente. 

Storia naturale dei sensi è un libro che, nella mia esperienza di formazione decennale, non è mai stato fermo nella libreria a prendere, come si suol dire, polvere; piuttosto ha preso molti colpi nelle varie borse da viaggio che mi hanno seguito per incontri pubblici, lezioni a scuola e in università. Una miniera infinita di stimoli, citazioni, notizie e curiosità sui cinque sensi. 

Eccone un esempio.

“Dobbiamo tornare a sentire la trama della vita. Gran parte dell’esperienza degli americani del XX secolo consiste nel tentativo di allontanarsene, per sbiadire in una quotidianità spoglia, semplice, solenne, puritana, tutta dedita agli affari, dalla quale una cosa indecorosa come l’ardore dei sensi è bandita. Una delle persone più – sensibili di tutti i tempi – non Cleopatra, non Marilyn Monroe, non Proust, né qualche altro smaccato epicureo – fu Helen Keller, una donna menomata, cieca, sorda e muta. I sensi che le rimanevano erano così fini, che quando Helen posava le mani sulla radio per sentire la musica, era in grado di distinguere una cornetta da un violino. Riusciva ad ascoltare le storie di vita del Mississippi, piene di colore e calore, dalle labbra dell’amico Mark Twain. Scrisse pagine e pagine sulla sovrabbondanza degli aromi, dei sapori, delle impressioni tattili, delle sensazioni, che esplorava con la voluttuosità di una cortigiana. Nonostante le sue menomazioni, fu sicuramente più viva di molte persone della sua generazione. Ci piace pensare di essere creature molto evolute, in giacca e cravatta o in gonna e camicetta, e di vivere a molti millenni e a grandi distanze mentali dalle caverne, ma di questo il nostro corpo è tutt’altro che convinto. Abbiamo il privilegio di trovarci in cima alla catena alimentare, ma quando incontriamo un predatore reale o immaginario la nostra adrenalina riprende a scorrere. Cerchiamo addirittura di rievocare questo terrore primordiale andando a vedere film di mostri. Continuiamo a cintare o a delimitare i nostri territori, anche se oggi ci capita di farlo con il frastuono della radio. Continuiamo a destreggiarci per ottenere una posizione migliore o più potere. Continuiamo a creare opere d’arte per elevare i nostri sensi e aggiungere nuove sensazioni a un mondo che già ne trabocca, in modo da crogiolarci letteralmente negli spettacoli della vita. Continuiamo a soffrire ferocemente a causa dell’amore, del desiderio, della lealtà e della passione. Tutta l’impetuosa bellezza e il terrore del mondo continuano a riflettersi direttamente sul battito del nostro cuore. Non esiste altro modo: per capire quella febbre meravigliosa ch’è la coscienza, dobbiamo cominciare a capire i sensi, come si sono evoluti, come possono essere estesi, che limiti hanno, a quali tabù li abbiamo sottoposti, che cosa ci possono insegnare del mondo affascinante nel quale abbiamo il privilegio di abitare”. 

E questo solo come assaggio. Ma veniamo a come questo libro si interfaccia ormai con tutto quello che vedo, ascolto o vivo da quando è entrato nella mia vita. Mi ero persa, nel 2011, il film Perfect Sense, diretto da David Mackenzie e interpretato da Eva Green e Ewan MacGregor: forse perché presentato ad un festival prestigioso, ma di nicchia, come il Sundance la pellicola non deve aver girato molto nel nostro paese. Lo trovate in rete, e davvero ne vale la pena, soprattutto per il momento che stiamo vivendo. Forse, chissà, per sincronicità, grazie a quella serie di insondabili coincidenze significative, come direbbe Jung, questo film è arrivato a me inaspettato e mi ha colpito profondamente. Ne parlo perché penso che in questo tempo sospeso la sua visione sia un viatico straordinario, quasi dolorosamente necessario per fare risuonare suggestioni intense, dopo tanto analizzare provando a tenere il filo della ragione e della logica. È importante premettere che Perfect Sense fa apparire Cecità un film per l’infanzia e The road una favola, quindi occorre prepararsi ad un impatto emotivo molto forte. 

unnamed

Ma non è un horror, né un giallo con colpi di scena annunciati da musiche insidiose e, curiosamente, a differenza dei due film citati non è tratto da un libro, anche se lo sembra, e forse chi ne è capace dovrebbe scrivere un testo di fantascienza da questo lungometraggio, perché buona parte del racconto è fatto di testi declamati dalla voce narrante. La trama racconta, e qui veniamo a noi, di una crisi globale che ha tratti di somiglianza con il momento che stiamo vivendo. Prima da lontano, con relativa lentezza e sottovalutazione, poi sempre più vicino, cominciano a diffondersi sul pianeta casi di persone che perdono il senso dell’olfatto; la menomazione, che appare dannosa ma non drammatica, viene preceduta nei soggetti che si ammalano da intense crisi di immensa tristezza. 

Sentite cosa scrive in Storia naturale dei sensi Diane Ackerman: “Non c’è nulla di più memorabile di un odore. Un profumo può essere inaspettato, momentaneo e fugace, eppure rievocare un’estate della nostra infanzia sulle rive di un lago dei monti Pocono, quando i cespugli di mirtillo erano carichi di frutti squisiti e l’altro sesso era misterioso come i viaggi nello spazio. Gli odori ci scoppiano silenziosamente nella memoria come mine violente, sepolte sotto le erbacce di molti anni di esperienze. Basta sfiorare il filo teso di un odore e i ricordi esplodono immediatamente, dal sottobosco balzano fuori visioni complesse.” 

Ecco perché, nel film, tutta quella tristezza prima della perdita. Poi è la volta del gusto, che viene meno dopo un attacco bulimico collettivo. Quindi l’udito, che si affievolisce sino a smettere di funzionare preceduto da uno scoppio di rabbia, perché ascoltare è connesso con la relazione e la reciprocità nella conversazione, e la sua scomparsa segna la fine della primaria comunicazione verbale con gli altri esseri umani. Ancora le parole della Ackerman: “La parola assurdità deriva dal latino ‘surdus’, ‘sordo o muto’, traduzione dall’arabo ‘jadr asamm’, radice sorda, a sua volta traduzione dal greco ‘alogos’, privo della parola o irrazionale. L’idea nascosta in questo groviglio etimologico è che il mondo resta comprensibile per le persone cieche o monche o prive del naso ma non per quelle che perdono l’udito, perché in questo caso l’indispensabile filo che permette di seguire la logica della vita si spezza. I sordi sono esclusi dal quotidiano contatto con il mondo, sono come radici sepolte sottoterra.”

La coraggiosa esperienza della mia amica Daniela Rossi con il suo figliolo, oggi giovane uomo perfettamente autonomo e sereno, narrata da lei nel libro Il mondo delle cose senza nome ci può aiutare a capire le difficoltà di chi viene colpito da questa assenza.

A fare da filo conduttore della vicenda politica globale di Perfect Sense c’è la storia intima e privata di una donna e un uomo: Susan, epidemiologa e Micheal, cuoco in un ristorante. Non per caso impegnati in modi diversi nel prendersi cura, lei attraverso la medicina e la scienza, lui con il cibo e la bellezza della creazione del nutrimento, i due si incontrano e si innamorano percorrendo insieme la pandemia, aggrappandosi l’uno all’altra sapendo che la fine è nota, ma dimostrando, al di là dell’inesorabilità di quel malanno che, con la perdita della vista segnerà la fine della vita umana sul pianeta, quanto l’amore reciproco sia salvifico, e offra conforto, dignità e senso anche nel dramma. Notevole nei tempi di scansione del racconto, contenuto e sobrio nel ritmare le cinque fasi dell’elaborazione del lutto, ovvero la negazione, la rabbia, l’elaborazione, la depressione e, infine, l’accettazione, Perfect Sense è anche un viaggio poetico dentro la grandezza dei cinque sensi umani, che troppo spesso diamo per scontati, e dei quali proprio per questo sappiamo pochissimo. 

Così mi sono rimessa a rileggere con gioia immensa e rinnovata meraviglia quella miniera di emozionanti informazioni e suggestioni che è Storia naturale dei sensi di Diane Ackerman, che anni fa le mie classi all’università di Parma del corso Teoria e tecnica dei nuovi media impararono ad amare, dopo un primo momento di comprensibile perplessità. 

I sensi si evolvono dentro il corpo di ciascuna e ciascuno di noi, così come cambiano, migliorandosi o ammalandosi globalmente perché connessi nel bene e nel male all’uso o abuso che facciamo dell’ambiente che ci circonda. 

Dopo la sbornia causata dall’onnipotente impero della vista nelle nostre esistenze, prima con la tv poi con l’onnipresenza dei monitor piccoli e grandi nel quotidiano oggi un minuscolo virus ha costretto l’umanità a rimettere al centro l’indispensabilità del corpo e dei suoi sensi, diventati fino a nuova data pericolosi, bloccati e crudamente vulnerabili. Nell’attesa possiamo ascoltarci, magari approfondendo con letture e film adeguati al momento storico eccezionale.   

Non vogliatemi male per la crudezza di Perfect sense: se lo abbinate con la lettura di Storia naturale dei sensi sarà un tandem nutriente capace di riportarvi al magìa e alla forza propulsiva dei vostri sensi, alleati formidabili per riprendere a vivere, progettare e sognare nel nuovo mondo che abbiamo da ri-costruire, quando l’emergenza si allenterà.

Altri suggerimenti per visioni e letture consonanti al periodo (o magari in disconnessione, chissà…) 

Serie tv

Re-evolution, Hot zone, Between, Containment, The Last Ship, The Rain, The Strain, In the flesh.

Libri

La parete di Marlen Haushofer; La bellezza di Aliya Whiteley; Mendicanti di Spagna di Nancy Kress; Memorie di una sopravvissuta di Doris Lessing; Febbre di Ling Ma. 

Instagram