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Vecchierel canuto e stanco

di Maria Rosa Panté

 In un qualche sito astrologico che descriveva il mio tema natale, stava scritto che avrei mantenuto un aspetto giovanile fino a tarda età. É in effetti una consolazione, ma limitata, giacché avrò sì un aspetto giovanile, ma sarò vecchia.

La vecchiaia non si ferma, inutilmente ci consoliamo dell’invecchiare condividendo sui social immagini di donne canute ma ancora belle che dicono quanto stanno meglio ora. In quell’ancora belle c’è tutta la consolazione un po’ posticcia.

Ma ci casco anche io nella tentazione di ingannare la vecchiaia e di tanto in tanto mi metto una crema antirughe. Però in effetti non ho tante rughe, il mio tema natale non ha mentito.

Di tanto in tanto guardo i miei capelli e dico che li tingerò. Ok li tingerò, di blunotte. Tingere i capelli va benissimo, ma è una finzione e allora io te la dichiaro la finzione e mi faccio blu.

Anzi non mi faccio proprio nulla, sto grigia sempre più sale e meno pepe, tingere i capelli è un ulteriore impegno e io sto invecchiando non ce la faccio a star dietro a tutto.

I capelli, ma attenzione, la vecchiaia inizia dai piedi e dal fatto che ti spuntano nei piedi e anche sparsi per il corpo dei bozzi, delle palline di grasso, delle macchie. Sul viso, sul dorso delle mani.

Passi davanti allo specchio e vedi la pelle molle del collo e pensi che non sei quella, tu non sei quella.

Nel mio caso, avendo avuto problemi di salute precocissimi, coliti, gastriti, emicranie, stati d’ansia e una supermiopia per cui ho gli occhiali dall’età di 6 anni, mi ritrovo da qualche anno, dopo i 50 circa, a stare molto meglio. Di questo passo non solo morirò con un aspetto giovanile, ma anche in perfetta salute.

La metto sul ridere, anche perché la vecchiaia non inizia nel nostro mondo occidentale e in una classe sociale media a 50 anni, ma ben più in là, se non altro ciò permette a chi fa le leggi e ci governa di farci andare in pensione sempre più tardi.

Ecco, forse non le creme possono sconfiggere la vecchiaia, ma lo stato e la burocrazia.

Capita anche che le persone più giovani, che continui a frequentare, succhiando giovinezza e si spera dispensando saggezza, poiché non sempre sei davanti allo specchio e dunque ti dimentichi della tua età, ti facciano qualche graziosa battuta. Allora sai che sei vecchia, o almeno più vecchia di molte altre persone che frequenti.

Io ho 56 anni, nell’odierna società appunto non sono vecchia, ma certo ho qualche bozzo e i capelli bianchi e la pelle pendula di rughe sul collo.

Ho anche pensieri non dico vecchi, no, sono fortunata, ma volti al futuro e mi stupisco che i miei anni futuri saranno meno di quelli passati, se la biologia fa il suo dovere.

È importante che le rughe si limitino al volto, al corpo e non intacchino il cervello. Ma nemmeno questo possiamo controllare o sapere.

In sostanza si diventa vecchi quando ci si avvicina sempre più alla morte.

Si diventa vecchi quando morire alla fin fine pare un traguardo, la giusta fine. Per quanto della fine, dell’inconoscibile si abbia pur sempre paura.

Io ho iniziato a pensare alla vecchiaia quando ho perduto a cinque anni di distanza i miei genitori, prima mio padre e poi mia madre. Ho pensato prima di tutto al fatto che non ho figli e che rischio di vivere una vecchiaia solitaria, magari chiusa in un ricovero. Persino, chissà, in un ricovero lager, di quelli dove infermieri crudeli e forse sottopagati (ma non giustificabili) picchiano gli anziani sulla testa, non li lavano, li intontiscono di psicofarmaci, li umiliano. Come pupazzi, come cose vecchie e vecchi sono in effetti.

Ho pensato che se non voglio finire così, posso fare tre cose:

  1. procurarmi un potente veleno da ingerire in caso di ricovero in strutture siffatte;

  2. morire prima di finire in strutture siffatte;

3 costruirmi una alternativa e infatti proprio nel mio 55simo compleanno ho deciso di preparare la mia, forse, salvezza: una cohousing per anziani.

Ho comprato col mio compagno una casa grande, col giardino e tante stanze con altrettanti bagni. Gli amici mi chiedono se voglio fare un bed and breakfast, io rispondo, no, voglio fare una cohousing per anziani.

Ho già prenotazioni di amici, soli come me e talvolta vagheggiamo di confetture e di altre attività amene che speriamo di essere ancora in grado di fare.

Una esperta di cohousing mi ha detto che nei paesi del nord Europa da tempo si fa cohousing per evitare l’orrida casa di riposo e che l’età in cui le persone costruiscono il loro personale rifugio è proprio intorno ai 55 anni. Sono nella norma. Anche se sono un po’ anomala per l’Italia.

La vecchiaia dunque è quella cosa ove io potrei restare sola, anche se spero di morire prima del mio compagno, e se resterò sola, mi troveranno incartapecorita o, peggio, puteolente e decomposta, morta davanti al televisore o al computer, con qualche gatto che mi mangia, poveretto, come il Conte Ugolino.

E anche gli animali che sopravvivono ai padroni sono un pensiero doloroso…

Non esagero poi tanto, potrebbe anche essere, per questo la cohousing è un’idea interessante.

Che tra l’altro si potrebbe unire con altri progetti importanti, per esempio “Rifugiato a casa mia”, si adotta una famigliola di rifugiati, e così si potrebbe avere la casa, gli amici e dei giovani che badino a noi e chissà magari ci si affezionino.

Giovani, sì.

Perché l’altra mia considerazione è che io sento meno la vecchiaia perché in Italia ci sono ancora parecchie persone più vecchie di me. Non si fanno figli e si vive a lungo…

Da qualche mese vive con noi una ragazza pakistana col suo bambino di quattro mesi.

Ora ci sta attenta, ma all’inizio mi diceva che ero vecchia, con una certa grazia forse, però vecchia era il succo. Ha smesso quando l’ho minacciata di chiuderla in auto e non farla uscire per un po’.

Ha smesso quando ha conosciuto molta altra gente e l’età è quella, siamo tutti più vecchi di lei, che ha 24 anni.

E comunque lei ha ragione, di tanto in tanto mi capita di osservare le persone nelle piccole città di provincia, sulla strada principale, ai bar sono tutti vecchi, più vecchi di me. Sarà forse l’ora, i giovani lavorano, ma un’altra cosa che mi colpisce sono le case in vendita, le case vuote. Un mondo di vecchi e di case vuote, a meno che ovviamente ci si apra agli altri. E non sarà facile, gli altri, perché altri sono inutile nasconderselo, sono anche molto numerosi. La ragazza mi chiede perché non abbiamo figli.

Anche se ha ammesso che i Pakistani che vivono in Europa fanno meno figli di quelli che restano in Pakistan, perché in Europa non abbiamo ritmi da figli.

Invecchiamo da soli, oppure con intorno persone con un modo di vivere e vedere la vita diverso da noi. Siccome è una situazione storica inevitabile e invecchiare è un fatto irreversibile, io cerco di prepararmi un futuro confortevole, forse non mi servirà quando sarò davvero vecchia, ma mi serve oggi e va bene così.

 

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